Il MID POINT è semplicemente la metà del
racconto (coincidente con la Fine dello Stato di Grazia), che non riguarda
soltanto distanze o proporzioni.
Il M.P. indica orientativamente un punto che è normale sviluppo nel
percorso narrativo del nostro protagonista: il contatto con la morte. Ciò non deve
avvenire necessariamente alla metà precisa del racconto, ma la metà in un
racconto indica la “boa” intorno alla quale il nostro protagonista gira per
tornare indietro, all’incontro con il suo vero problema, con il suo fatal flaw.
Il M.P. si potrebbe chiamare anche ‘età di mezzo’, o il “mezzo del cammin
di nostra vita” di dantesca memoria. Quando cioè qualcosa finisce e si comincia a
pensare che prima o poi non ci sarà più davvero. In genere nei maschietti si
realizza con la cosiddetta ‘crisi di mezz’età’, per le femminucce, come ha
detto una mia cara amica, quando per strada ti accorgi che non ti fischiano più
dietro.
Nella prima parte della storia, il protagonista non ha fatto altro che
argomentare intorno al proprio problema e ha cercato in tutti i modi di
sfuggirgli. Al M.P. scopre che il problema c’è davvero, al di là di come lui si
muoveva, e che è il suo. Capziosa differenza, ma chi ha attraversato questa
fase sa meglio di cosa si tratta.
Contatto con la morte (intesa come mancanza), poiché il protagonista a
questo punto pensa: ‘accidenti, in effetti c’è un problema’, percependo questo
non come limite imposto dagli altri - contro i quali si è scagliato fieramente,
o si è sottomesso, nella prima parte della storia – ma come elemento che
realmente riguarda lui e nessun altro (quindi non ha senso rivendicarlo agli
altri). Ci si deve confrontare, non c’è altro che possa fare. (Nella realtà si
può ovviare a tutto questo con un adeguato shopping o con la liposuzione,
oppure con un paio di jeans aderenti e un giubbotto di pelle che non si chiude
per la panza prominente).
Si tratta di un primo traumatico contatto con una parte di sé fino a quel
momento disattesa… e il “peggio” deve ancora venire.
Nelle Storie di Morte, cioè nelle storie di genere (soprattutto nel quinto "proto-soggetto"), a questo punto il nostro eroe diventa lui stesso il bersaglio
di colui che intendeva colpire. Nei thriller, per esempio, il detective a
questo punto diventa bersaglio del serial-killer che voleva beccare.
La vittima diventa lui. Un “problema” che lo costringe a pensare a sé stesso,
alla propria incolumità, alla propria sopravvivenza.
Nelle Storie d’Amore invece, il protagonista a questo punto impatta la sua
parte mancante che gli pone il limite di ciò che non ha. Emblematica Helen Hunt
in “Qualcosa è cambiato” quando dice a Jack Nicholson – che fino a quel si è sperticato
per dimostrarle a parole il proprio affetto finendo nell’ennesima indelicatezza
– “dimmi subito qualcosa di carino o me ne vado.” Cioè: mostra il tuo cuore
oltre le belle intenzioni o ciao. Che, per uno che si sente di non dovere
niente a nessuno, è una bella mazzata.
Il primo contatto con la morte, intesa come reale minaccia esterna o
impatto con la parte mancante, rappresenta un momento importante per il nostro
protagonista. Oltre a dargli tridimensionalità, gli fa intendere che quello che
ha non è tutto, ma che può avere tutto con quello che ha.
È un primo incontro con il limite, che si realizzerà completamente nel
Punto di Morte alla fine del secondo atto, cioè, in termini di distanze e
proporzioni, a tre quarti del racconto circa.
La percezione di una morte che è soprattutto psicologica, catartica come
dicevano gli antichi greci, una morte che rigenera e porta a una vita piena e
vitale. Desiderio e paura cancellano sé stessi, scrive Joseph Campbell. Bisogna
accettarlo, e vedere cosa succede.
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