venerdì 14 marzo 2014

MID POINT: QUANDO SMETTI DI DIRLO E COMINCI A PENSARLO


Il MID POINT è semplicemente la metà del racconto (coincidente con la Fine dello Stato di Grazia), che non riguarda soltanto distanze o proporzioni.
Il M.P. indica orientativamente un punto che è normale sviluppo nel percorso narrativo del nostro protagonista: il contatto con la morte. Ciò non deve avvenire necessariamente alla metà precisa del racconto, ma la metà in un racconto indica la “boa” intorno alla quale il nostro protagonista gira per tornare indietro, all’incontro con il suo vero problema, con il suo fatal flaw.
Il M.P. si potrebbe chiamare anche ‘età di mezzo’, o il “mezzo del cammin di nostra vita” di dantesca memoria. Quando cioè qualcosa finisce e si comincia a pensare che prima o poi non ci sarà più davvero. In genere nei maschietti si realizza con la cosiddetta ‘crisi di mezz’età’, per le femminucce, come ha detto una mia cara amica, quando per strada ti accorgi che non ti fischiano più dietro.
Nella prima parte della storia, il protagonista non ha fatto altro che argomentare intorno al proprio problema e ha cercato in tutti i modi di sfuggirgli. Al M.P. scopre che il problema c’è davvero, al di là di come lui si muoveva, e che è il suo. Capziosa differenza, ma chi ha attraversato questa fase sa meglio di cosa si tratta.
Contatto con la morte (intesa come mancanza), poiché il protagonista a questo punto pensa: ‘accidenti, in effetti c’è un problema’, percependo questo non come limite imposto dagli altri - contro i quali si è scagliato fieramente, o si è sottomesso, nella prima parte della storia – ma come elemento che realmente riguarda lui e nessun altro (quindi non ha senso rivendicarlo agli altri). Ci si deve confrontare, non c’è altro che possa fare. (Nella realtà si può ovviare a tutto questo con un adeguato shopping o con la liposuzione, oppure con un paio di jeans aderenti e un giubbotto di pelle che non si chiude per la panza prominente).
Si tratta di un primo traumatico contatto con una parte di sé fino a quel momento disattesa… e il “peggio” deve ancora venire.
Nelle Storie di Morte, cioè nelle storie di genere (soprattutto nel quinto "proto-soggetto"), a questo punto il nostro eroe diventa lui stesso il bersaglio di colui che intendeva colpire. Nei thriller, per esempio, il detective a questo punto diventa bersaglio del serial-killer che voleva beccare. La vittima diventa lui. Un “problema” che lo costringe a pensare a sé stesso, alla propria incolumità, alla propria sopravvivenza.
Nelle Storie d’Amore invece, il protagonista a questo punto impatta la sua parte mancante che gli pone il limite di ciò che non ha. Emblematica Helen Hunt in “Qualcosa è cambiato” quando dice a Jack Nicholson – che fino a quel si è sperticato per dimostrarle a parole il proprio affetto finendo nell’ennesima indelicatezza – “dimmi subito qualcosa di carino o me ne vado.” Cioè: mostra il tuo cuore oltre le belle intenzioni o ciao. Che, per uno che si sente di non dovere niente a nessuno, è una bella mazzata.
Il primo contatto con la morte, intesa come reale minaccia esterna o impatto con la parte mancante, rappresenta un momento importante per il nostro protagonista. Oltre a dargli tridimensionalità, gli fa intendere che quello che ha non è tutto, ma che può avere tutto con quello che ha.
È un primo incontro con il limite, che si realizzerà completamente nel Punto di Morte alla fine del secondo atto, cioè, in termini di distanze e proporzioni, a tre quarti del racconto circa.
La percezione di una morte che è soprattutto psicologica, catartica come dicevano gli antichi greci, una morte che rigenera e porta a una vita piena e vitale. Desiderio e paura cancellano sé stessi, scrive Joseph Campbell. Bisogna accettarlo, e vedere cosa succede.

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