giovedì 3 ottobre 2013

Il CINEMA e la VITA secondo Ignazio Majore, psicanalista



Pubblico con grande piacere l'intervista al prof. Ignazio Majore, noto psicanalista e appassionato di cinema.

Professor Majore, lei ha elaborato un nuovo approccio psicanalitico che si chiama analisi mentale. Ci può spiegare in cosa consiste, soprattutto rispetto ai metodi psicanalitici classici?
Per Freud nell’inconscio sono accumulati eventi e contenuti proibiti, di  conseguenza rimossi. Non pare realistica la sua teoria  della rimozione che sostiene che nell’inconscio sono  accumulate le istanze peggiori dell’uomo.  E’ un artefatto biologico, che vorrebbe l’essere umano pessimo dentro se stesso ma apparentemente controllato fuori di lui;  una maniera che non ha riscontro in alcun modo nella vita animale. E’ vero che i livelli biologici si muovono autonomamente ma in realtà l’uomo ha una costruzione mentale complessa  che serve  a controllare le istanze biologiche ma anche a dare loro campo. Quando la persona esprime una richiesta della sua biologia, cerca di non morire e successivamente, adopera  la sessualità per non fare morire la sua specie.
La divisione più significativa  tra gli umani è invece, quella tra l’essere singolo e il collettivo. Il movimento  e la struttura collettiva ci accomunano tutti,  formano ogni gruppo. Noi animali biologici di base, ci muoviamo lungo la medesima linea che è uguale per tutti. Nell’ambito del collettivo, una struttura generalizzata, ciascuno cerca di acquisire dal medesimo gli aspetti che a lui sembrano più congeniali, o migliori. Individualità non significa lottare contro il collettivo ma prelevarne quelle frazioni che lo possono portare ad un progresso. Il concetto di collettivo a me sembra  importante più che la divisione tra conscio e inconscio. E’ la struttura che accomuna tutti e li porta a comportamenti standardizzati: così è una manifestazione pubblica o addirittura  la guerra, certamente un fatto collettivo: si va in guerra perché il collettivo la comanda per le sue esigenze che sono esigenze precise: far vivere e far morire. Ciò non a vantaggio dell’individuo ma per la vita in genere. Nelle guerre ad esempio, rappresentazione massima di collettivo, questi decide che vanno eliminate  gruppi di persone , ciò paradossalmente serve alla vita che deve permanere a prezzo di sacrificare parti di sé. L’individuo cerca di prendere per se quello che può dal collettivo stesso: ciò significa che tenta di lottare per la vita contro la morte con i propri mezzi ma insieme con la lotta del collettivo.
In sintesi, l’Analisi Mentale, vede il dramma umano condensato nella lotta tra la vita e la morte, non nel contrasto inesistente tra conscio ed inconscio, quest’ultimo supposto serbatoio di ogni male.
Il lavoro dell’analisi mentale consiste quindi principalmente, ma non solamente, nell’appoggiare la lotta dell’uomo per la sua vita, cercando di alleggerirlo di quelle frazione di morte che lo infiltrano nella mente e nella stessa struttura biologica. E’ un’opera analitica continua che cerca di individuare le zone della sua personalità ove la mortificazione ha impedito o danneggiato il suo sviluppo.

Che valore ha per lei il concetto di morte?
Da quanto ho detto si può ricavare che mentre la morte, nella sua totalità è la fine della vita, è insieme presente dentro tutto il corso della vita medesima e per tutta la sua durata. Di essa è una componente.  E’ minaccia costante ma insieme è stimolo a vivere, quindi è la sua compagna. La capacità a vivere è infatti  capacità a reagire allo stimolo della morte. Ogni atto fisiologico, anche se mentale, è reazione alla stessa. Il neonato urla perché sta morendo, con il suo urlo comincia a respirare ed inizia la sua battaglia.

Che cosa rappresenta per lei il cinema?
Il cinema è prolungamento della vita. Una vita che si aggiunge alla nostra e dà la sensazione che questa sia per continuare.
Nel cinema, come nel sogno, sono rappresentati gli incontri con la morte, sono i punti di morte; vi vengono suggeriti i modi per sopravanzarli. Anche se lo stesso ci dice  che talvolta i nostri sforzi saranno vani.
Il cinema rispecchia e salva la vita in genere, la vita del collettivo, anche se il singolo dovrà soccombere.   Ci dice che la stessa proseguirà, forse per sempre. Come le religioni tende all’eternità, al mai finito. Ognuno sa che la vita proseguirà fuori della sua durata perché il film rappresenta solo una frazione di una storia che durerà fuori di esso.

Cosa si aspetta di vedere uno spettatore?
Lo spettatore vorrebbe sapere come si fa a proseguire a vivere rimanendo indenne e vi cerca i trucchi per poterlo fare. Trucchi, perché sa che il cinema è anche una truccatura della vita e spera di imparare l’arte di mostrarsi diverso e quindi meno aggredibile di quanto pensa e teme di essere. Vuole travestirsi per offrire bersaglio minore.

Infine, che cosa 'ispira' lo scrittore? 
Lo scrittore è mosso dalla speranza di trascendere se stesso: i propri limiti che sono quelli della vita. Un anelito simile a quello religioso che  costruisce un’esistenza probabile e possibilmente eterna. L’eternità dello scrittore è nella sua opera, nella speranza che questa gli sopravvivrà.